Luoghi15 marzo 2019

Monasteri rupestri, l’architettura nascosta

In Moldova: quando la spiritualità e l’arte si confondono con il paesaggio

Monasteri rupestri, l’architettura nascosta

In genere siamo abituati a pensare all’architettura, l’arte di costruire edifici, come a qualcosa che cresce, che sta tra la terra e il cielo.

Eppure esiste anche un’architettura che scava, che costruisce non aggiungendo ma togliendo, sottraendo il “superfluo”: è un’architettura nascosta che si confonde con il paesaggio, che ci sta “dentro”, ma per questo non meno importante e spettacolare. 

Questa particolare forma di architettura con caratteristiche “costruttive” diverse da quelle tradizionali, ricavata lungo pareti rocciose, talvolta sfruttandone caverne e cavità naturali, è rappresentata dai monasteri rupestri presenti in tutta l’area del bacino del fiume Nistru e dei suoi affluenti. Di particolare interesse sia dal punto di vista storico e architettonico sia in termini di paesaggio, questi manufatti sono spesso inseriti in luoghi molto suggestivi.

Situati ad una distanza uno dall’altro percorribile, per un uomo, in un giorno a piedi, questi luoghi costituiscono una piccola rete di comunicazione, nei quasi 250 km di territorio che il Nistru attraversa fino al Mar Nero, coincidente con la vecchia rotta commerciale.

Questo sistema di comunicazione monastico, usato anche dai pellegrini in viaggio verso la Palestina tra i sec. XVI e XVII, ha funzionato ininterrottamente fino all'inizio del XX secolo. Dopo l'instaurazione del regime comunista, i complessi sacri presenti nell’area fluviale furono sottoposti a una distruzione metodica, quasi fino alla loro totale scomparsa. 

Per comprendere maggiormente l’importanza di questi manufatti situati nella zona in esame, tra le più ricche in Europa per numero, è necessario allargare l’analisi a tutto il bacino fluviale del Mar Nero.

Il ruolo del fiume in questo sistema è evidente in quanto la maggior parte di grotte si trovano nella regione montuosa della Dobrugia, nella curvatura dei Carpazi e nel bacino centrale del Nistru e del suo affluente Răut. Vista la naturale predisposizione dei luoghi, è da sottolineare che lo spazio compreso tra il Prut e il Nistru era una barriera naturale tra il mondo orientale e quello occidentale.

La loro organizzazione mostra una razionale capacità di adattamento alla morfologia del territorio, evidente, ad esempio, nella distribuzione dei percorsi e nel sapiente sfruttamento dello stesso materiale scavato per realizzare strutture murarie e scalinate. Sotto il profilo tecnologico, alcuni habitat rupestri presentano elementari ma efficaci sistemi di raccolta delle acque, a volte con soluzioni ingegnose.

Gli eremi e i monasteri, posizionati in luoghi isolati e poco accessibili ai viaggiatori, mostrano diverse fasi cronologiche degli ambienti, semplici e privi di qualsiasi pittura parietale, ma con la presenza di alcune croci “graffiate” e un giaciglio ricavato nella parete stessa, piccole nicchie per le lucerne ad olio o per le icone e oggetti per la vita quotidiana.

Al momento per quanto riguarda il territorio moldavo non esiste uno studio sistematico o un censimento archeologico completo dei siti rupestri, un obiettivo da raggiungere in futuro per poter approfondire la conoscenza di questi ambienti e cercare di comprendere il loro rapporto con il fenomeno eremitico.

Questi spazi sono una straordinaria testimonianza di cultura religiosa e non solo: un museo sparso sul territorio, oggi in colpevole stato di abbandono, pure per questo meritevole di rinnovata attenzione e tutela, anche ai fini di un turismo a cui le istanze contemporanee sembrano fortunatamente propendere.

La manutenzione e il restauro, nonché la riqualificazione e la valorizzazione dei luoghi e degli stessi tracciati percorsi un tempo dai pellegrini, è un atto prioritario dovuto.

L'importanza dei monasteri rupestri dal punto di vista turistico è ovvia. Attualmente, nessuna valutazione essenziale di questi monumenti è stata effettuata per implementarla nello sviluppo dell'industria nazionale del turismo.

Carlo Policano

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