Tradizioni e cultura19 febbraio 2019

Il gallo sulla croce della Chiesa – Parte II

La strana storia di una colonia di vignaioli svizzeri in Bessarabia

Il gallo sulla croce della Chiesa – Parte II

Gli inizi della colonia furono difficili: nel 1823, il primo anno nella nuova patria, si verificò un cattivo raccolto. Le 60.000 viti piantate si erano seccate per la siccità: i coloni svizzeri furono costretti a prendere in prestito 1.400 rubli affinché l'anno successivo potessero piantare lo stesso numero di viti.

Nel 1825 i viticoltori svizzeri possedevano 104.000 viti e circa 2.000 alberi da frutto: prugne, ciliegie, pere, gelsi e noci; delle 14 famiglie presenti solo tre famiglie avevano vendemmiato la prima uva.

La popolazione crebbe costantemente fino al 1830 quando la colonia venne devastata da un'epidemia, probabilmente colera o tifo, causata dall’esercito russo che tornava dalla guerra di Crimea, che causò una significativa mortalità, per fortuna rapidamente riempita dall'arrivo di nuovi emigranti dalla Svizzera e dalle colonie tedesche della Bessarabia.

Dal 1837 iniziò la colonizzazione interna di singoli coloni tedeschi protestanti che terminò nel 1843.

Dal momento dell'arrivo dei coloni tedeschi, a Shabo si parlavano due lingue, c'erano due confessioni religiose ma una sola chiesa.

In Svizzera il gallo o la croce sul campanile sono segni di riconoscimento fortemente simbolici e indicano il culto che viene celebrato nella Chiesa: dicono che questa chiesa è protestante o è cattolica. La disputa sul fatto che il campanile della chiesa dovesse avere in cima una croce o un gallo venne risolta con un compromesso: un gallo sulla croce.

Shabo divenne il “villaggio del vino” più importante dell'Impero russo. Nel 1893 uno dei produttori di vino della colonia, Louis Gander ottenne una medaglia in un concorso enologico a Chicago. Verso la fine del XIX secolo i viticoltori di Shabo impiegavano fino a 3.200 lavoratori stagionali.   

Una curiosità: nel 1890, sentendosi fuori posto tra gli intellettuali russi, Maksim Gor'kij viaggiò per tutta l’Europa finendo per qualche anno in Bessarabia e da lì lungo la costa meridionale della Crimea fino al Kuban. Nell’autunno del 1891 Gorky, che aveva 24 anni, lavorò nei vigneti di Shabo per 50 copechi al giorno. Qui scrisse il suo primo racconto Makar Chudra che fu pubblicato un anno dopo, nel settembre 1892, sul giornale Kavkaz.

Nel 1920 l'insediamento fu onorato da una visita ufficiale del re Ferdinando di Romania: due anni dopo la colonia celebrerà solennemente il centenario della sua fondazione. Nel 1937 la colonia fu visitata anche dal successore di re Ferdinando, Carlo II, che lascerà un autografo sul muro nel seminterrato di John Thévenaz. Questo autografo è ancora visibile oggi nel nuovo museo del Centro Culturale Shabo Wine.

Le vicissitudini storiche e i vari passaggi tra Russia e Romania di questo lembo di terra contribuirono ad una drastica diminuzione dei discendenti dei coloni. Chi riuscì riavere la cittadinanza svizzera tornò nella vecchia patria: a Shabo rimasero solo cinque famiglie russificate. I discendenti degli abitanti di Shabo ancora oggi coltivano uve per la produzione di vini di qualità.

Nel 2003, un uomo d'affari georgiano acquistò il vecchio sovchoz e procedette a un completo ammodernamento della fabbrica e dei vigneti, reimpiantando oltre 1.000 ettari di viti. Adottando nuovi metodi di vinificazione, più moderni, aumentò significativamente la qualità dei vini ottenuti.

Nel nuovo stabilimento è nato anche un Centro Culturale per il vino: oggi è possibile visitare un grande museo ben documentato che ripercorre la storia della colonizzazione della regione fin dalle antiche colonie greche del Mar Nero. Una parte importante del museo è dedicata alla storia dell'ex colonia svizzera di Chabag dal 1822 al 1940.

Le cantine della colonia di viticoltori di Vaud sono diventate un’azienda di successo come "vino degli enologi svizzeri dello zar", con oltre 1.000 dipendenti. L'anno scorso, il Consiglio d'Europa ha persino riconosciuto il Centro Culturale Shabo Wine, come "patrimonio culturale dell'Europa".

In Svizzera, ogni terza domenica di giugno, i loro discendenti si riuniscono nelle campagne vicino a Losanna per preparare lo Šašlyk, un tradizionale piatto di carne marinato, speziato e stufato di Chabag: gli anziani si salutano in russo, francese, romeno e tedesco.

Carlo Policano

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