Tradizioni e cultura23 maggio 2025

La Moldova, vigneto dell’ex Unione Sovietica

Per una storia della viticoltura della Moldova. Brevi cenni storici - Parte I

La Moldova, vigneto dell’ex Unione Sovietica

Racchiusa tra Romania e Ucraina, senza alcuno sbocco al mare, la Mol­dova conta oggi una popolazione che si aggira intorno a 3,5 mln di abitanti, con una superficie pari a 33.843 kmq (un territorio approssimativamente grande come la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Liguria, messi insieme) ed una forma sulla mappa che assomiglia a un grappolo d’uva rovesciato.

Il territorio, che ha una forte somiglianza con quello del sud dell’Ucrai­na, è pressoché pianeggiante, compreso tra i fiumi Prut e Nistru, interrotto qua e là da basse colline che non superano i 400 metri s.l.m. e che rappresentano la parte sud-ovest della piattaforma sarmatica, verso la quale degradano i Carpazi.

Il clima predominante è quello continentale, influenzato dalla vicinanza del Mar Nero, con inverni rigidi (temperature medie tra i -15°C e i -20°C) ed estati calde e secche (temperature medie che superano i 30°C).

Le precipitazioni, irregolari e scarse nella parte sud, con una media di 350 mm annui, sono più abbondanti e raggiungono anche i 400 mm al centro e circa 600 mm al nord, con maggiore probabilità all’inizio dell’estate e in ottobre.

Il clima, temperato dal Mar Nero poco distante, e la fertilità dei terreni (černozëm) ne fanno un’area ideale per l’agricoltura e l’industria alimentare. Un Paese, dun­que, con un’economia prevalentemente agricola, circa il 40% del Pil, di cui il set­tore vitivinicolo rappresenta sicuramente il ramo più importante, situato tra il 46° e 48° parallelo, una latitudine uguale a quella della Borgogna.

Viticoltura e vinificazione sono presenti in Moldova, secondo ritrova­menti archeologici, da oltre 5.000 anni. Gli scambi commerciali con greci e romani, giunti sulle coste del Mar Nero, dalla fine del III secolo a.C. in poi, portarono indubbi miglioramenti nei metodi di coltivazione e di produzione.

Una riorganizzazione del settore, con aumenti della superficie vitata, avvenne sotto il regno di Ştefan Cel Mare (XV sec.), a cui seguirono tre secoli di dominazione sotto il controllo dell’impero ottomano in cui la coltivazione della vite subì un lento ma progressivo declino.

Un primo sostanziale cambiamento avvenne dopo il 1812 quando la parte orientale dell’area compresa tra i fiumi Prut e Nistru, definita con il nome di Bessarabia, divenne, ai sensi del “Trattato di Bucarest”, una provincia dell’impero russo. Sono anni di investimenti da parte della nobiltà russa che acquistarono azien­de vinicole e cominciarono a coltivare varietà locali, come Rara neagră, Plavăi, Fetească albă, Fetească neagră, sviluppate in alcune microzone con ottime poten­zialità come Purcari, Bulboaca, Romaneşti.

La seconda metà del XIX sec. vide l’apporto intensivo dei vignaioli francesi, chiamati dallo zar, che introdussero varietà come Pinot bianco, Pinot nero, Pinot grigio, Aligotè, Cabernet Sauvignon, Sauvignon blanc, Gamay, Mosca­to bianco. Fu in questo periodo che i vini come “Negru de Purcari” e “Romaneşti”, sviluppati in alcune microzone vocate, resero la Moldova famosa come un pro­duttore di vino pregiato, tanto che nell’Esposizione Universale di Parigi del 1878, proprio il “Negru de Purcari” ottenne la più alta forma di riconoscimento sulla scena internazionale con la prima medaglia d’oro.

Nel 1842 venne fondato, con decreto dello zar Nicola I, il Collegio Nazionale di Stauceni, il primo Istituto di Istruzione Superiore con il compito di sviluppare maggiormente la viticoltura. I “Romanov” scelsero proprio questa parte centrale per impiantare a vite i loro 600 ettari di Château a Romaneşti, introdu­cendo, come rossi, cabernet, merlot, malbec e, come bianchi, le uve di successo in Russia, rkatsiteli e aligotè.

Alla fine del XIX secolo l’epidemia di fillossera colpì duramente anche i vigneti della Moldova, con un arresto del settore che durò alcuni anni e una per­dita di circa 30.000 ettari. Tuttavia, dal 1906, molti vigneti vennero recuperati con piantine innestate e già nel 1914, alla vigilia della grande Guerra mondiale, il Paese raggiunse il maggiore numero di superficie vitata nell’Impero russo.

Carlo Policano

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