Luoghi30 luglio 2019

La Transnistria e quel sottile filo che la lega all’Italia

Tra ricordi nostalgici e consumismo: cosa è cambiato nell’ultima frontiera sovietica

La Transnistria e quel sottile filo che la lega all’Italia

Della “Transnistria”, un piccolo lembo di terra collocata tra Ucraina e Moldova, in genere si conosce assai poco in Europa, se non per motivi che riguardano la sua posizione geopolitica o per i soliti luoghi comuni.

Il termine “Transnistria”, per quanto riguarda il significato nella lingua italiana, indica testualmente le terre “oltre il Dnestr”, che contiene al suo interno già un punto di vista, quello di un Occidente che guarda verso Est. Nella denominazione russa, utilizzata dalla popolazione locale, viene usato il termine “Pridnestrovie”, seguendo un uso parzialmente discorde rispetto alle trascrizioni del cirillico che imporrebbero di scrivere Pridnestrov'e, cioè la terra “presso il Dnestr”.

Al tempo dell’URSS era il cuore industriale della Moldova: con la proclamazione di “indipendenza”, si è unita a Ossezia del Sud e Abcasia nella lista dei Paesi non riconosciuti dagli altri Stati.

Quello che rimane è il sogno dell’utopia sovietica. Lo stesso rapporto con l’eredità comunista è complesso, anche in relazione al processo di “state building”, di fatto mai iniziato: comunismo significa Russia, unica àncora che permette di continuare a esistere. Da queste parti la parola indipendenza non ha il significato di libertà: sono in tanti a chiedersi fino a quando questa situazione sarà sostenibile, soprattutto sotto il profilo economico.   

Nel 2014 da Tiraspol parte la richiesta di annessione alla Russia, dopo il precedente favorevole della Crimea. Dal Cremlino, non è arrivata fino ad oggi nessuna risposta: la Transnistria non è la Crimea.

I tempi sono cambiati nonostante le statue di Lenin o le vie dedicate a Karl Marx: la Transnistria non è più la Disneyland dei simboli sovietici, come è stata spesso definita da reporter curiosi e poco informati.

C’è perfino un legame con l’Italia: è il film "Educazione siberiana" realizzato da Gabriele Salvatores nel 2013, tratto dall’omonimo romanzo di Nicolai Lilin, nato proprio a Bender dove è ambientato: le descrizioni dei luoghi del romanzo sono state oggetto di critica e, non a caso, l’autore suscita scarsa simpatia presso i pochi connazionali che lo conoscono.

Ma non è l’unico legame. Sul finire degli anni ’40, in piena Guerra Fredda, l’ideale comunista unisce luoghi improbabili: Tiraspol è gemellata con Carapelle (Foggia), Bender con Montesilvano (Pesaro) e con Cavriago (Reggio Emilia): la cittadina emiliana aveva mostrato simpatia per Lenin già ai tempi della Rivoluzione del 1917, quando i cittadini avevano raccolto 500 lire a sostegno del leader russo. Lenin li ringraziò in un discorso pubblico: gli abitanti di Cavriago gli conferirono il titolo di primo cittadino onorario della città. Nel 1970 ricevettero in dono un busto di Lenin portato da una delegazione di Bender. L’originale oggi è custodito nelle sale del municipio mentre sulla piazza, che porta il nome del leader bolscevico, è stata lasciata una copia.

Nelle terre di Lenin, con le tasche vuote, la popolazione emigra: per quelli che hanno conosciuto l’ascesa e la caduta del comunismo, la memoria dei tempi passati agisce come collante.

Ma cos’è oggi la Transnistria?

Ai principi della rivoluzione proletaria vanno sostituendosi i valori di una società consumistica che accetta il mercato e le sue regole, attratta dai benefici economici di una pur limitata integrazione europea che tarda a venire. Parlare di libero mercato è paradossale, da queste parti il capitalismo ha un marchio ben preciso: Sheriff, una holding fondata sul monopolio di business illegali che possiede e controlla tutto ciò che si muove in Transnistria, mezzi di informazione e politica compresa. La corruzione è una delle poche cose rimaste immutate dai tempi sovietici.

Il cambiamento lo si scopre cercando da mangiare: qui c’è ampia scelta culinaria, non si mangia solo comunista: lo confermano ristoranti dal gusto occidentale che ammiccano ai passanti con nomi curiosi che ricordano in modo distorto l’Italia.

Per meglio cogliere l’essenza della Transnistria, e averne un’immagine chiara, bisogna liberare la mente dagli stereotipi di chi strumentalizza la complessità di questo luogo: una terra certamente piena di contraddizioni, tra un passato sovietico e un presente capitalista, che ne caratterizzano la vita quotidiana. Ma in fondo la Transnistria è un posto normale.

Carlo Policano

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