Parte I
C’è un filo sottile che collega due territori lontani, non solo dal punto di vista geografico; una distanza che scompare quando ad avvicinarle sono storie interessanti che le accomunano.
La presenza e la relativa colonizzazione dei genovesi nell’area del Mar Nero prende una dimensione molto importante e non sottovalutabile a partire dalla metà del XIII secolo: piccole comunità si stabiliscono tutt’attorno e animano la vita economica di questi luoghi.
I centri d’oltremare sono interessati da un vasto movimento di emigrazione che interessa tutta la regione e si diffonde alle città che intrattengono rapporti commerciali con la Superba.
Gente comune, soldati, marinai, avventurieri, ma anche giovani che fanno il loro apprendistato d’affari, membri dell’aristocrazia mercantile, partono e si stabiliscono in queste terre, prendono mogli, chiamano la loro famiglia.
Le colonie genovesi, in effetti, non mancano di risorse, vedono arrivare nei loro porti i prodotti dell’Estremo Oriente, seta e spezie, tanto ricercate nel mondo occidentale, punto d’incontro strategico e di intermediazione fra economie complementari, tra il mondo della steppa e le città mercantili mediterranee.
La valorizzazione degli insediamenti passa attraverso le più importanti risorse locali: cera, miele, pellicce, cereali, allume, destinato alla tintura delle stoffe, mastice.
Una dominazione politica ferma, uno sviluppo economico pesante, ma una dipendenza culturale leggera: gli insediamenti genovesi d’oltremare sono stati il “laboratorio” della colonizzazione moderna.
Molto più recentemente, a cavallo fra il XIX e XX secolo, lo stesso territorio è stato interessato, curiosamente, da uno strano fenomeno migratorio, proveniente principalmente da una delle principali valli della città metropolitana di Genova.
Di questa curiosa e un po’ paradossale storia cerchiamo di ripercorrere le tappe più salienti, iniziando dalla fine 800, quando Gattorna era un villaggio di 60 famiglie che lo componevano e ben 23 con legame di parentela e cognome Basso; la maggior parte con numerosi figli, dediti all’agricoltura, unica risorsa per sopravvivere.
I giovani, crescendo sentivano sempre di più la necessità di migliorare la propria condizione sociale, visto che la terra più di tanto non dava, e restare in paese significava lavorare ed invecchiare senza alcuna prospettiva futura.