Tradizioni e cultura20 luglio 2018

“Champagne” sovietico, il grande sogno

La via differente del socialismo allo champagne, tra bollicine e stalinismo

“Champagne” sovietico, il grande sogno

Benché territorio ancora poco conosciuto nella vecchia Europa, questo microscopico angolo dell'Europa orientale, in un recente passato, è stato uno degli ingranaggi nella potente macchina dell'Unione Sovietica, una mezzaluna fertile famosa per la sua frutta ma ancor di più per i suoi vini: ai tempi dell’URSS, lo “champagne” dell’impianto di Cricova, in Moldova, era considerato il migliore prodotto disponibile in tutto l'impero sovietico.

E che lo “Champagne” fosse nei sogni di un’intera classe politica, lo possiamo evincere dal fatto che lo stesso Stalin ideò addirittura un “piano quinquennale per lo champagne”, esattamente come lo aveva creato per la produzione di carbone e acciaio.

Lo “champagne sovietico” è nato in Urss nel 1937, anno famoso per il picco delle repressioni staliniane e per il ritorno ufficiale delle tradizioni natalizie (anche se spostate dal comunismo a Capodanno), inclusi l’albero, i regali, il cenone e Babbo Natale. Prodotto secondo lo stesso metodo dell’originale francese, è più di un’etichetta: è il simbolo del benessere comunista, un sapore che suscita nostalgie proustiane in milioni di persone.  

L’obiettivo di Stalin era quello di fornire ai cittadini sovietici, dopo anni di guerra e razionamento, un bene di consumo che tutti potevano permettersi. Il metodo tradizionale per la produzione dello champagne attraverso la lunga fermentazione in bottiglia era troppo costoso e lungo: pertanto, l’Unione Sovietica mise a punto il proprio metodo, con la fermentazione in speciali serbatoi, denominato “a flusso continuo”. Ciò ha reso il processo di produzione molto più breve (circa 1 mese) e ha ridotto i costi: una sorte differente di lotta di classe per la creazione di uno “champagne per il popolo”.

Un'etichetta nera, con lettere bianche, diventa così non solo un simbolo del nuovo anno, ma anche uno dei simboli delle conquiste della vita sovietica. La bottiglia era piuttosto costosa: ma sul tavolo di Capodanno non poteva mancare, accanto al salame, al caviale e alle olive. Per raggiungerlo, il popolo sovietico ha dovuto lavorare sodo, compreso lo stare in coda per molte ore alla vigilia di Capodanno.  Una precisazione: la parola "champagne" è ancora largamente usata nel blocco sovietico come sinonimo per indicare tutti i vini frizzanti. 

I primi impianti industriali, organizzati secondo il criterio del flusso in continuo, furono quelli di Mosca e di Leningrado. Cricova entrò in produzione solo più tardi, intorno al 1957, per merito di Petru Ungureanu che ne organizzò la produzione, così come aveva fatto a Rostov sul Don.

Nel 1970, le 30/40 fabbriche esistenti produssero 249 milioni di bottiglie di “champagne sovietico". In tutto il mondo, il prestigio e la fama dello “champagne sovietico” (sia dolce che secco) si diffusero a dismisura, Basti pensare al fatto, di per sé eloquente, che nel 1975 “Moet”, il più celebre produttore francese, acquistò la licenza per la produzione di champagne secondo il metodo sovietico.

Oggi grazie ad una nuova agricoltura, il settore vitivinicolo ha un nuovo e diverso impegno: nelle regioni del Mar Nero, sono presenti vitigni che iniziano a produrre un buon vino e anche un ottimo “spumante”.

Carlo Policano e Svetlana Moțpan

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