Luoghi07 settembre 2018

Valul lui Traian, la “grande muraglia” moldava

Sulle tracce dell’Impero Romano quando finiva sulle rive del Danubio

Valul lui Traian, la “grande muraglia” moldava

Il concetto di “confine” consente di capire il significato e il valore che gli veniva assegnato in epoca romana.

Il termine di limes romano in latino aveva un doppio significato: in origine con questo termine si faceva riferimento alle strade militari allestiste in prossimità delle frontiere, in seguito venne utilizzato per indicare le fortificazioni erette a protezione delle stesse strade, finendo così per acquisire una dimensione geografica e amministrativa, ed indicare l’intero territorio delle province di confine.

Il Limes danubiano, infatti, non andrebbe considerato unicamente con un significato solo militare, ovvero come linea di confine dell’Impero Romano: era anche un luogo di incontro e di scambio, un “ponte” tra civiltà, rete articolata di relazioni, umane e commerciali.

Il "vallo" è un sistema di fortificazioni che si trovano praticamente in tutti i territori ai confini dell'Impero Romano e quindi anche in tutta l'Europa orientale, Romania, Moldova e Ucraina comprese: la parte "moldava" del vallo era costituita da mura di terra (bastioni), con palizzate in legno sulla parte superiore e un fossato sul lato esterno.

Sebbene il nome ne identifichi in modo inequivocabile la paternità, l’attribuzione di questo immenso baluardo è ancora dibattuta, con punti controversi e ricerche archeologiche non ancora effettuate per poter sciogliere gli ultimi dubbi.

I resti di queste fortificazioni in Moldova comprendono sia terrapieni che palizzate: i due tratti rimasti del Vallo di Traiano sono distinti in “Inferiore” e “Superiore”.

Il Vallo di Traiano Inferiore è datato intorno al III° secolo e si ritiene sia stato costruito, almeno in parte, dal re visigoto Atanarico, anche se alcuni studiosi mettono in dubbio questa tesi e ritengono che sia stato costruito esclusivamente dai romani poiché le enormi dimensioni implicavano una tecnica di costruzione e considerevoli risorse umane e materiali che i barbari difficilmente possedevano.

Tale tratto si estende lungo una superficie di circa 126 chilometri: parte dal villaggio di Vadul lui Isac nella regione di Cahul presso il fiume Prut, entra in territorio ucraino e termina nei pressi della Laguna di Sasyk, vicino alla cittadina di Tatarbunary.

Gli storici identificano generalmente il tratto in tre parti: la prima, di circa 34 km, parte dal villaggio di Vadul lui Isac fino al villaggio di Tabaky vicino al lago Ialpuh. Questa porzione è caratterizzata dall'esistenza del berma (gradino o muretto che si edifica alla base di un terrapieno per prevenirne il cedimento): è la parte che è stata attentamente sistemata e mantenuta al meglio. La seconda parte si trova tra i laghi Ialpuh e Katlabukh: si differenzia dalla prima parte proprio per la mancanza di berma. Infine, la terza parte è collocata tra i laghi Katlabukh e Sasyk.

La seconda fortificazione, il Vallo di Traiano Superiore, fu costruita, molto probabilmente, per difendere le invasioni di confine degli Unni. E’ attribuita ai Grutungi, o Greutungi, un popolo gotico che abitò le steppe del Mar Nero tra il III° ed il IV° secolo, e che diventerà famoso con il nome di Ostrogoti, a stretto contatto con i Tervingi, altra tribù gotica che popolava la riva occidentale del Nistru.

Questa fortificazione si estende per oltre 120 km dalla città di Leova sul fiume Prut fino al comune di Chiţcani attorno al fiume Nistru.

La creazione di questa zona cuscinetto si era resa necessaria con l'istituzione della nuova provincia dacica, che aumentava enormemente di importanza la regione, tanto da far crescere il bisogno di rafforzare la zona di confine a nord dell’area dove il Danubio sfocia nel Mar Nero.

Nei pochi scavi preventivi effettuati, sono state ritrovate monete romane risalenti al III e IV d.C., in pratica il periodo che va da Diocleziano fino a Costanzo II, imperatori che prestarono grande attenzione al rafforzamento del confine a nord del Danubio.

Carlo Policano

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