C’è un filo sottile, quasi invisibile, che collega l’Italia all’Est europeo, durante il periodo della seconda grande guerra mondiale, che va oltre quelle vite straziate da guerra e tragedia.
Vicende di una storia vera di cui ancora si conosce poco, fortemente negata dalle autorità italiane, che riguarda più particolarmente i soldati “dispersi” durante il conflitto, letteralmente scomparsi in Russia, cioè quelli di cui non si ha certezza della morte: “… sarebbero numerosi. Insomma, quelli che avrebbero deciso di restare” così scriveva Pino Scaccia nelle Lettere dal Don.
Ma chi sono questi italiani scomparsi nel nulla? Si tratta di superstiti della tragica ritirata, più probabilmente di uomini sull’orlo della morte salvati dall’amore di qualche contadina o dalla compassione di gruppi di persone.
E’ davvero molto difficile che qualcuno sia ancora vivo, visti il numero di anni passati dall’accadimento di questi episodi.
Per Franco La Guidara, autore di “Ritorniamo sul Don” edito nel 1963, testimone oculare di episodi che riguardano questa vicenda, molti sono i dubbi: “Nell’agosto del 1960 incontrai numerosi ex soldati dispersi in Ucraina. Ho centinaia di foto che lo dimostrano. Con obiettività e chiarezza scrissi quanto avevo visto e saputo durante il mio viaggio, ma i nostri governanti non poterono efficacemente intervenire. Anzi incontrarono seri ostacoli perché in Unione Sovietica, che pure era sotto il regime di Kruscev, dominava ancora il furore voluto da Stalin”.
“I Girasoli”, ad esempio, è una pellicola che affronta le vicissitudini dei soldati italiani dell’ARMIR che nella campagna di Russia furono considerati dispersi: tralascia volutamente però piccoli passaggi che avrebbero consentito al film di spiegare agli italiani la reale situazione. Il documento, anche se politicamente controllato, segna però la data della prima denuncia pubblica sulle vicende dell’ARMIR, ancora oggi tabù.
Ma l’obiettivo del film era ben più elevato: il compromesso politico ha vinto e in pochi hanno compreso che dietro quel cast internazionale di produzione italo francese (con l’attrice russa Ludmila Savelyeva e la scenografia delle riprese in URSS di David Vinitski) è stata bloccata sul nascere una storia che migliaia di italiani ancora inseguono. E così il film non lascia il minimo dubbio sulla presenza dei soldati italiani rimasti in vita in Russia.
La storia ufficiale dice e continua a dire che oltre ai soldati italiani in Russia ritornati in patria, esiste solo un elenco di dispersi perché morti in corso di guerra, anche se sappiamo che il nucleo di soldati italiani dell’ARMIR, ufficialmente non morti né dispersi, è consistente.
Sono storie reali di vite parallele raccolte attraverso la corrispondenza di italiani attratti dai russi e, per scelta – non per perdita della memoria, come nel personaggio del film – rimasti in Russia e non solo. Alcuni, proprio fra quelli che Marcello Mastroianni nel film “I Girasoli” ne interpreta il ruolo, furono utilizzati contro il nostro Paese.
Poi però ci sono altre storie. Tanti grandi amori, ma anche qualche amore brevissimo. Di tutt’altra fattura è infatti la storia che ci racconta Vitalie Ciobanu dell'idillio tra sua nonna moldava e un soldato italiano durante la Seconda guerra mondiale.
Siamo a Florești, una cittadina a Nord della Moldova, punto di passaggio e accampamento di un reggimento di soldati italiani (che partecipavano all'offensiva tedesca nell'Europa dell'est), nell'estate del 1942. L'accampamento degli italiani a Floresti non aveva raggiunto grandi dimensioni, ma il villaggio aveva qualcosa di quell’atmosfera nota nel film “Mediterraneo” di Salvatores.
Ioana, maestra del villaggio, aveva conosciuto il giovane tenente chiamato Vincenzo, di Massa, la città famosa per le sue cave di marmo. L’incontro tra i due avvenne in modo distaccato, filosofico. Poi la passione prese il sopravvento: la frequentazione durò tutto il periodo di permanenza dei militari nella zona. Nascosti nella penombra di una stanza quasi buia, la loro immagine risvegliava nell'animo della gente la paura dell'ignoto, ma anche e soprattutto la curiosità.
La storia purtroppo non ebbe un lieto fine. Di quell’idillio sono rimaste solo alcune tracce: sette lettere del soldato, inviate dopo la partenza del contingente. La signora Ioana nel villaggio continuò ad essere soprannominata "l'italiana". Poi, come le tante storie d’amore di quel periodo, solo il ricordo velato da tanta nostalgia.