Tradizioni e cultura31 gennaio 2020

Tutto andrà bene

Il mantra della positività nella vita quotidiana dei moldavi

Tutto andrà bene

Siamo in Inghilterra, a Norwich, nella parte orientale della contea del Norfolk, nota per Guglielmo il Conquistatore. Siamo in un’epoca tormentata, come poche: guerre, pestilenze, terrore, soprusi. Il popolo comincia a insorgere contro i potenti e gli ecclesiastici: la voce autentica della chiesa si esprime nei mistici, nei reclusi, nelle anime semplici del popolo.

Norwich è travolta da questo. Ma non Giuliana, il personaggio di questa vicenda. Se conosciamo la sua esperienza grazie a un testo, scarse sono le notizie attinenti la vita, di cui ignoriamo perfino il luogo di nascita. Documentato l'evento che segnò l'esistenza di Giuliana (o meglio Katherine, il suo vero nome): il 13 maggio 1373, appena superato i trent'anni, dopo la malattia che la portò in punto di morte, avvertì la necessità di chiudersi in un romitorio, dove rimase fino alla morte. 

Nel Medioevo, la vocazione alla vita solitaria è diffusa, che non significa esclusione dalla vita sociale: lo dimostra il caso di Giuliana, la cui cella inserita nella città aveva una finestra che permetteva di assistere alle celebrazioni della chiesa e un'altra aperta sull'esterno per ascoltare quanti a lei si rivolgevano. La presenza di un piccolo orto e di una domestica attutivano questa solitudine, fatta di preghiera e di lavoro.

Ci ha lasciato il “Libro delle rivelazioni di Giuliana di Norwich” (1342-1416), in un'epoca oscura in cui si temeva Dio come un giudice severo e ogni calamità, dalla peste alla guerra, veniva considerata una sua punizione per i peccati degli uomini.

Scritto da una che si definiva “illetterata”, quando la donna era esclusa dall'istruzione e ritenuta un essere inferiore (qualcuno dubitava persino che avesse un'anima), questo libro occupa un posto di rilievo nella letteratura anglosassone.

E’ un libro che conforta, stimola ad amare, induce alla speranza e alla gioia: perché alla fine, come viene detto e ripetuto più volte, "tutto andrà bene".

L’autrice ci fa entrare nella sua cella, partecipare ai suoi momenti di dubbio, di sofferenza e di abbandono, alle sue conversazioni con quanti, in momenti così tragici, sono in cerca di conforto o di consiglio: anime semplici, reietti della società.

Sullo sfondo delle lotte fratricide e delle immoralità dei potenti sembra incredibile che un testo così positivo sia scaturito da un mondo pieno di paura, sangue e sofferenza, che per certi versi ricorda il nostro presente, in profonda crisi. Ma Dio tiene le fila, nella sua misericordia, per cui alla fine «tutto andrà bene».

Questo mantra, da ripetere all’infinito, è presente anche nella cultura moldava come nelle altre, perfino in quella giapponese, dove il concetto è sintetizzato in una sola parola: “nankurunaisa”.

In Moldova, molte volte mi sono imbattuto in questa frase, che è un modo per dare e darsi forza, per affrontare ogni difficoltà e soprattutto per vivere pieni di speranza nel futuro. In fondo l’unica cosa che ci dà speranza nel futuro è pensare che le cose andranno per il verso giusto, altrimenti perderemmo la voglia di lottare per quello in cui crediamo, per affrontare un nuovo giorno, per credere in qualcosa.

Questo mantra diventa potente, ci ricorda che ogni cosa prima o dopo va al suo posto, che il mondo è pieno di positività, basta attirarla a sé, basta crederci, basta dargli tempo.

Le parole sono essenziali, bisogna imparare ad usarle, scegliere il modo e il tempo giusto: questo può cambiare la prospettiva, la visione del futuro e le emozioni del presente. E’ piacevole pensare che prima o poi, le situazioni si sistemeranno e le incomprensioni verranno chiarite, non adesso, non oggi ma domani, dando tempo al tempo.

E’ un insieme di parole che ci aiutano a credere nel domani e che mescolano fiducia e speranza, per aspettarsi un futuro migliore.

Vi auguro di riuscire ad usare questo mantra personale e che impariate a pensare sempre positivo, perché la positività è quell’emozione che rende tutto più piacevole.

Perché alla fine “tutto andrà bene”.

Carlo Policano / Svetlana Moțpan

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