Tradizioni e cultura30 novembre 2018

Chişinău, la Gerusalemme della Bessarabia

L’enorme patrimonio ebraico presente in Moldova, una realtà da valorizzare

Chişinău, la Gerusalemme della Bessarabia

Esiste una comunità ebraica a Chişinău che cerca di sottrarre la propria storia dall’oblio in una Moldova distratta. In un contesto assente, a causa della mancanza di un adeguato dibattito pubblico su un passato controverso, si fa fatica a cercare i luoghi che un tempo sono stati ritrovo della comunità ebraica in Moldova.

Chiedo informazioni un po’ in giro, ma nessuno sa indicarmi la via in cui si trova l’ultima sinagoga di Chişinău. Eppure, agli inizi del Novecento nella capitale della Bessarabia si contavano una settantina di sinagoghe e una dozzina di scuole ebraiche che erano sempre piene. All’incirca metà degli abitanti di Chişinău erano ebrei, il calendario della festività ebraiche cadenzava la vita della città e l’yiddish era la seconda lingua dopo il romeno.   

Il panorama linguistico nella Chişinău del XIX secolo, secondo le testimonianze di viaggiatori dell’epoca, è impossibile da definire: Chişinău è una città che non ha nulla di russo, tanto che “nelle strade non si sente mai parlare in russo, ma soltanto in yiddish o in moldavo”.

Ma tutto questo è destinato a cambiare. E un giorno, nell’aprile del 1903, l’incubo dei pogrom si materializza. Prima del nazismo, prima ancora della Shoah, è in questa città dimenticata che ha avuto inizio il secolo dell’odio.

A gettare benzina sul fuoco fu, nel 1903, la divulgazione di una delle più celebri fake news della storia: i Protocolli dei Savi di Sion, un falso documento "ritrovato" nella Russia degli zar che parlava di una cospirazione ebraica e massonica per impadronirsi del mondo. Il presunto complotto fu presentato poi per la bufala che era nel 1921, dal Times, con alcuni articoli che ne svelavano genesi e falsità.

L’onda dell’antisemitismo stava accumulando la sua tensione in tutta la Russia zarista: l’odio si abbatté con un’intensità mai vista prima su Chişinău tra il 19 e il 20 aprile 1903, con il primo grande pogrom del Novecento, e poi di nuovo nel 1905.

Il Bessarabets, un giornale in lingua russa, pubblicò la notizia di un giovane cristiano ucciso per un inesistente rito ebraico: bastò per accendere una sete di sangue che accecò la gente comune. La caccia all’ebreo si svolse casa per casa, donne e bambini furono accoltellati nei loro letti, i rabbini ammazzati per strada a bastonate, le sinagoghe date alle fiamme, le abitazioni razziate.

Nessuno fece niente per fermare l’odio che scorreva, né la polizia, né alcuna autorità. E nessuno fu punito. Da quel giorno la paura divenne parte della vita degli ebrei dell’est: la macchina del male s’era messa in moto, e non si sarebbe più fermata, fino alla decimazione della popolazione ebraica: è qui che ha avuto inizio il secolo della Shoah.

Per rendersi conto dell’oblio che si è posato sulla comunità non c’è luogo migliore del vecchio cimitero ebraico della capitale. Non è stato facile trovarlo, su una collina poco fuori dal centro, dalle parti di via Milano. C’è da girare, perché chiedere in giro non serve a niente, nemmeno ai tassisti. All’interno le lapidi sono scalzate dalle radici degli alberi, o ricoperte dai rampicanti. Alcune tombe sono a pezzi, dovunque si respira aria di abbandono e morte.

Le vittime del 1903 non sono qui. Furono seppellite altrove, negli anni 60 i sovietici ci passarono su con le ruspe e ci fecero un parco. La memoria andava cancellata.

Gli ebrei rimasti a vivere nella capitale moldava sono circa 15.000, altri 13.000 vivono sparsi nel resto della Moldova: dopo l’indipendenza molti sono emigrati, in gran parte verso l’America.

Il patrimonio artistico e culturale ebraico è stato riconosciuto come parte integrante del patrimonio europeo: farlo conoscere nei loro aspetti peculiari è un valore aggiunto per il turismo, valorizzarne i tesori materiali e spirituali nelle molteplici e variegate forme è un modo per recuperare una memoria cancellata.

Carlo Policano

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