Luoghi21 gennaio 2020

Odessa, città napoletana

La piccola Italia dell’Impero russo

Odessa, città napoletana

C’è un quartiere nel cuore di Odessa, in Ucraina, lungo la strada dedicata a José De Ribas, ufficiale napoletano al servizio dell’ammiraglio Grigorij Aleksandrovič Potëmkin, che ci riporta ai legami di questa città con Napoli.

Situata alla foce di grandi fiumi e dell'immensa steppa pontica, Odesso (così chiamata da De Ribas quando la fondò nel 1794, in onore dell’antica colonia greca), poco più di un villaggio strappato agli ottomani, divenne un importante porto per valore strategico ed economico, ponendo fine a quell’isolazionismo russo combattuto dalla zarina Caterina II. La donna più potente nella storia della Russia fece della città il centro a sud più importante dell'impero, cambiandone il nome in Odessa, che diverrà in seguito quella “città leggendaria” con radici italiane.

Di fatto gli italiani erano presenti in quest’area da secoli, con un quartiere per l’attracco delle navi commerciali genovesi chiamato "Ginestra", forse per la pianta di ginestra, diffusa nelle steppe del Mar Nero.

Il clima di Odessa, a differenza di quanto si possa immaginare, richiama paesaggi mediterranei. Bastò questa notizia per attrarre italiani in cerca di fortuna, affascinati dalla potenza della Nuova Russia imperiale che, agli occhi di chi visse a fine ’700, doveva sembrare ricca quanto l’America, se già nel 1797 si contavano a Odessa circa 800 italiani, pari al 10% della popolazione totale.

L'attività commerciale degli italiani raggiunse un consistente sviluppo attorno al 1850. Il settore alimentare divenne monopolio dei napoletani: dai ristoranti agli alimentari, passando per le panetterie e pasticcerie, tutti i negozi erano gestiti da emigranti delle Due Sicilie. Del resto l’Ucraina, considerata il granaio d’Europa, non poteva trovare ospiti migliori di coloro che da sempre amano i prodotti del grano.

Odessa fu, per lungo tempo, una piccola Italia nell’Impero russo, una colonia in un’area fondamentale per i commerci: arrivò ad avere circa 3.000 abitanti italiani e verso il 1850, l’italiano era la seconda lingua parlata a Odessa, dato che “ogni odessita sapeva la lingua così bene da riuscire a ordinare in italiano sia da bere che da mangiare, e in caso di necessità, sfoggiava anche una certa conoscenza sulle parolacce". Verso la fine del XIX secolo l'attività della diaspora italiana si spostò verso l'intellighenzia artistica: architetti, scultori, artisti, musicisti, pittori, professori universitari.

La città fu disegnata da architetti napoletani secondo canoni dell’architettura classica e rinascimentale: i primi ad accettare il ruolo di “architetti cittadini” (“pianificatori” edilizi) furono i fratelli Francesco e Giovanni Frapolli e in seguito Ivano Dall’Acqua. A metà ’800 si aggiunse anche il sardo Francesco Boffo, autore della celebre Scalinata Potëmkin, costruita tra il 1837 e il 1841, dapprima composta da 200 scalini, con effetti ottici tali da farla sembrare più lunga e più larga, secondo il punto di vista.

Molti gli architetti italiani dimenticati che hanno disegnato la città: Alessandro Digbi, padre e figlio, Luigi Cambiaggio, Giovanni Scudieri, Giorgio Torricelli, Francesco Morandi. Per non parlare di Aleksander Bernardazzi, architetto ticinese. Molti palazzi di Odessa furono costruiti da maestranze italiane che ebbero un ruolo fondamentale. Se oggi sappiamo come appariva Odessa nella prima metà del XIX secolo, lo dobbiamo agli artisti che dettero colore alla nostalgia nei loro dipinti con le vedute della città.

Il fascino strategico del luogo, la vocazione di attrarre le menti migliori, fecero di Odessa la nuova Bisanzio che segnò la fine del regno islamico alle frontiere d’Europa.

Le cose andarono avanti così finché arrivò il Duca di Richelieu, governatore di Odessa dal 1803 al 1814, e nell'alta società, nelle scuole e nelle case cominciò a diffondersi la lingua francese. Il peso della colonia italiana diminuì gradualmente tanto che nel censimento del 1900 la comunità italiana contava solo 286 unità. La rivoluzione del 1917 fece ripartire molti italiani: durante il periodo sovietico ne rimasero solo poche decine, la maggior parte dei quali avevano già perso le connotazioni etniche di origine.

Odessa, luogo di frontiera e d’ispirazione per scrittori come Puskin, città colta, d'inferno per gli ebrei per la distruzione attuata dal governo romeno, d’incontro tra est e ovest, andava sempre più perdendo le sue radici.

Oggi la situazione è ben diversa dal passato: gli italiani sono quasi del tutto spariti, anche se rimangono discendenti delle antiche famiglie napoletane. Così, a ricordare il passato di città ricca e fiorente, che fu la “Napoli ucraina”, ci sono solo i nomi di strade, palazzi e negozi.

Carlo Policano

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