Tradizioni e cultura21 febbraio 2020

Genova, le colonie del Mar Nero – Parte II

L’evoluzione dei centri e delle relazioni commerciali

Genova, le colonie del Mar Nero – Parte II

Il quadro dei traffici interni non deve distogliere l'attenzione dalle aree sul Mar Nero nelle quali si svilupparono centri e relazioni commerciali, oltre a dinamismi migratori.

Per quanto riguarda i porti fluviali della costa nord-occidentale, come Chilia e Licostomo, nel delta del Danubio, possediamo indicazioni grazie agli atti stipulati in queste località nella seconda metà del XIV secolo dai notai genovesi, che consentono di avere un’idea precisa su questi domini al confine con i mongoli (Orda d’Oro): Chilia appare un centro “di frontiera”, in pieno sviluppo urbanistico, con una piazza centrale intorno alla quale si ammassano gli edifici più importanti e due piccoli cantieri navali simili a quelli lungo la riviera ligure.

I documenti offrono informazioni sulle strutture portuali e sulle ragioni dell’insediamento, definito “chiave e porta della Moldavia, dell’Ungheria, dei paesi danubiani”: non ci sono riferimenti della presenza di moli, ma è probabile che fossero state realizzate banchine in legno per facilitare l’attracco delle galee e la movimentazione delle merci. La presenza di scali di questo tipo conferma come, a dispetto di strutture semplici, il porto danubiano, luogo di imbarco di carichi destinati al mercato di Costantinopoli e punto d’accesso alla via commerciale verso Ungheria e Germania, costituisse un tassello prezioso al sistema di rotte commerciali che i genovesi avevano sviluppato nel bacino a partire dalla fine del XIII secolo.

Differente, ma altrettanto importante, Licostomo (Chilia Veche): se Chilia è una piazza commerciale in via di sviluppo, questo secondo insediamento ha un più chiaro carattere di controllo militare; le strutture portuali, la galea di guardia che vi staziona in permanenza, indicano la funzione di dominio sul delta su cui sorge. Il piccolo porto appare così una vera “porta” verso spazi enormi e ancora in parte ignoti: da qui le navi, le cosiddette “cocche”, imbarcavano il grano, diretto a Genova, a Caffa e alle altre colonie. Un registro notarile di Licostomo (1360-1361), mostra l’intensa attività commerciale nel Danubio: da qui venivano esportate grandi quantità di grano, miele, cera, vino, sale, pesce e altri prodotti. Licostomo, come colonia genovese, non esisteva più dopo il 1418, quando questa parte della Basarabia storica cadde sotto il controllo dell’Impero Ottomano.

Tra le fortezze genovesi, seppure rifatte dopo il Medioevo, c’è Enisala: costruita nel Duecento sulla collina sovrastante il delta danubiano meridionale, vicino l’attuale Tulcea, ebbe un ruolo preminente dal punto di vista politico e amministrativo rispetto a quello militare e commerciale, distrutta poi dai Turchi nel Quattrocento. Tuttora, sul lago Razim, si possono vedere le vestigia della cittadella di “Eraclea”, costruita dai mercanti genovesi intorno al 1250 e conquistata dal sultano Mehmet I nel 1417. Nel Cinquecento, la cittadella venne abbandonata definitivamente.

Più a sud, Caladda, un porto sul Danubio (oggi Galați), diventato genovese dal 1395 fino al 1445, quando cadde sotto il controllo del Principato di Moldavia, e Costanza, menzionata con questo nome in un portolano del 1318, anch’essa parte della serie di colonie costruite per scambi commerciali. Mercanti e armatori genovesi vi si stabilirono fin dal Duecento: oggi di quel tempo è rimasto una costruzione chiamata “Faro genovese”, che ha funzionato fino al 1913 ed è tuttora visibile. Utilizzata come base ausiliare, i genovesi costruirono qui depositi, una diga e un muro di difesa: gli scavi del 1896 per l’edificazione del nuovo porto di Costanza ne misero in evidenza le rovine. Quando fu conquistata dai Turchi nel Quattrocento, Costanza aveva un quarto della popolazione di origine genovese.

Situata sul Danubio, ad appena 50 km da Bucarest, San Giorgio fondata dai genovesi che vi stabilirono una banca e il commercio della seta e del velluto: prende il nome dal santo patrono di Genova (San Giorgio). La prima menzione di San Giorgio come colonia genovese è nel documento Codex Latinus Parisinus del 1395, durante il regno di Mircea I di Valacchia, quando venne citata come “Zorio”. Va precisato che i Genovesi crearono anche una piccolissima base commerciale sul mare, al centro del delta danubiano, con un nome simile a San Giorgio e che oggi si chiama Sfântu Gheorghe, con la quale viene spesso confusa.

Il 15 novembre 1453 il Comune di Genova cede tutti i possedimenti del Mar Nero al Banco di San Giorgio, potente istituto creditizio: la sorte di tutte le città coloniali sarebbe stata breve, presto cadute nelle mani dei nuovi conquistatori ottomani.

Carlo Policano

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