Tradizioni e cultura25 febbraio 2020

Dragobete

In Moldova l’amore arriva due volte

Dragobete

L’amore arriva due volte in Moldova, un po’ come Natale: se il mondo intero ha festeggiato lo scorso 14 febbraio la “festa degli innamorati”, nell’Europa dell’Est si replica.

Dieci giorni dopo San Valentino, il 24 febbraio, si celebra “Dragobete”, il dio campestre dell’amore e della fertilità.

Il calendario popolare apre le celebrazioni primaverili con questa festa riscoperta dai giovani soprattutto per il parallelismo con quella più conosciuta di San Valentino.

Un tempo Dragobete era considerato un giovane bello, robusto e alto ma che ogni autunno veniva preso da un sonno così profondo da svegliarsi in primavera. 

Dragobete, la festa dell'amore nell'intera area balcanica, porta in primo piano riti di fertilità, simboli della primavera, del risveglio della natura e della fertilità, dell’inizio dell’anno agricolo. È chiamato anche Capo di Primavera.

Si tratta di una data importante per il popolo moldavo che, a partire dalla fine del regime comunista, festeggia l’equivalente del Dio Cupido, un giovane di bell’aspetto, colui che era in grado di far scoppiare nuovi amori in concomitanza dell’inizio dell’anno agrario: momento di grande suggestione che vede il manifestarsi della natura coinvolgendo, con la sua grande forza evocativa, tanto gli esseri umani quanto gli animali.

Nel giorno di Dragobete, gli anziani del villaggio si prendevano molta cura degli animali che non dovevano assolutamente essere sacrificati perché in questo modo si trasgrediva il significato ancestrale di questa festa dell’amore universale, quello che riguarda la scelta della propria metà, per esseri umani e per animali.

Molte superstizioni e credenze popolari sono legate a questa festa. Il mattino della festa, come in un rito di purificazione, molte ragazze si lavavano il volto con la neve fresca pensando che sarebbe diventato grazioso come quello delle fate.

La festa iniziava di mattino quando i giovani del paese, vestiti con il meglio che avevano, s’incontravano davanti alla chiesa.

Divisi in tanti gruppi andavano verso il bosco alla ricerca di violette e bucaneve (fiori simbolo e messaggeri della primavera e fertilità della terra): questo era anche il momento di parlare fra di loro, l’occasione propizia per dichiararsi a una ragazza tenuta d’occhio da tempo.

Nella foresta le ragazze raccoglievano i primi fiori di primavera, con l'augurio di sposarsi, per metterle sotto le sacre icone di casa dove rimanevano fino a un’altra festa popolare, conosciuta come la notte magica di San Giovanni (23-24 giugno).

Nessuna ragazza doveva rimanere da sola, senza partner, in questo giorno altrimenti sarebbe rimasta sola per tutto l’anno.

Nel ritorno in paese le ragazze correvano per prime e se per caso erano raggiunte da qualche giovanotto, ricevevano un bacio: questo bacio era visto come un ludico fidanzamento che alle volte sotto le influenze divine di Dragobete si trasformava in un vero matrimonio.

Una bella sceneggiatura d’altri tempi, composta da segni morali e sociali, quando l’amore era anche solo un bacio rubato.

Carlo Policano

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