Luoghi02 agosto 2019

Gli eremi di Orheiul Vechi

Nei luoghi più suggestivi e pittoreschi della Moldova, tra natura e spiritualità

Gli eremi di Orheiul Vechi

L'eremo (dal greco ἔρημος érēmos) è un luogo di difficile accesso, dove individui, detti eremiti o anacoreti (dal greco ἀναχωρεῖν anachōrêin, ritirarsi), si isolano dalla società per condurre una vita di preghiera a stretto contatto con la natura.

La definizione di luoghi isolati di preghiera è comune a numerose religioni, soprattutto nel Cristianesimo e nel Buddhismo: la figura dell'eremita è associata spesso a quella del monaco, ma non sempre è legata ai voti religiosi di castità, povertà e obbedienza, oltre che ad una particolare regola.

Il complesso di eremi più famoso della Moldova si trova nel bacino centrale del fiume Nistru e del suo affluente Răut: è qui che si trova la maggiore concentrazione degli eremi, situati in luoghi inaccessibili e poco attraenti per gli invasori.

Gli eremi non coprono il corso del fiume Nistru in modo uniforme. E questo per ragioni orografiche: la regolarità viene mantenuta a monte ma non sul corso inferiore del fiume, in assenza di strati di pietra che non hanno fornito condizioni per la loro creazione. Tutti i monasteri rupestri in Moldova si trovano sulla riva destra del fiume, ad eccezione del monastero di Roghi, sulla riva sinistra vicino a Molovata.

Creati in periodi diversi, abbandonati e ripristinati periodicamente, i monasteri della Moldova dimostrano spesso la sovrapposizione di diverse fasi storiche all'interno di ciascun complesso e dell'intera rete monastica. 

Questo importante fenomeno trova il suo epicentro presso Orheiul Vechi: il complesso monastico, di cui fanno parte il “Mănăstirea pârcălabului Bosie” e il “Mănăstirea Peștera”, rappresenta uno degli aspetti più suggestivi e pittoreschi del sito più visitato della Moldova. L'insieme degli eremi di Orheiul Vechi, costituito da oltre 350 grotte naturali, appartengono al primo periodo del cristianesimo.

Il “Mănăstirea pârcălabului Bosie”, ricavato su un complesso funerario tracio sul fiume Răut, ha spazi articolati, con gallerie e celle spaziose: di particolare interesse per le scritture votive incise sulle pareti, nell’antica lingua liturgica delle chiese ortodosse (slavona), risalente al XV-XVI secolo, è l’unico esempio in cui le iscrizioni sono state conservate fino ai giorni nostri.

La data presente nella frase scolpita "Questo monastero fu realizzato dal servitore di Dio Bosie, dalla moglie e dai suoi figli, in onore del Signore, per il perdono dei suoi peccati; anno 7173 (1675)", non deve trarre in inganno, in quanto gli studiosi ritengono che Bosie avrebbe ricostruito solo la parte vecchia del complesso degradato a causa della fragilità delle rocce. Il monastero è composto da 8 grotte e una chiesa rupestre lunga circa 6 metri e larga 4,5 metri.

La testimonianza più rilevante di questa attività è rappresentata dal monastero rupestre denominato “Mănăstirea Peștera”, situato sotto il promontorio che registra ben quattro fasi di sviluppo, dal XII agli inizi del XIX secolo. Nel passato i monaci erano costretti a calarsi con le funi per raggiungere le loro celle scavate nella roccia: in seguito l'eremo ebbe un'entrata dal Răut, dove furono scavati dei gradini. A causa di frane all'inizio del XVIII secolo, l’ingresso non fu più praticabile e i monaci dovettero abbandonare il luogo.

L’eremo fu abbandonato del tutto nel 1816: dopo qualche anno, gli abitanti di Butuceni, scavarono un tunnel di accesso, lungo una ventina di metri, per entrare nella chiesa. Solo più tardi, sopra l'ingresso della chiesa rupestre, fu eretto un campanile che è ancora visibile. Negli anni dell’occupazione sovietica, l'eremo fu devastato e chiuso: solo sul finire degli anni ’90 alcuni monaci fecero ritorno in questo isolato luogo di culto e iniziarono lentamente a restaurarlo.

La chiesa, riconoscibile grazie al campanile esterno, lunga circa 10 metri, è divisa in tre parti: l'altare, il coro e il nartece. L’altare è separato dalla chiesa dall'iconostasi: con il soffitto a volta, la struttura conserva ancora le celle (chilie) che costituivano la dimora dei monaci che vi abitavano. Da qui si esce su una terrazza di pietra da cui si gode un panorama singolare della pianura. Oggi resta un solo abitante, un monaco dalla lunga barba e dall’abito nero che trasmette un ulteriore tocco di autenticità ad un luogo pieno di storia. Accanto al campanile, appena sopra la chiesa rupestre, ai margini del promontorio, vi è una massiccia croce di pietra risalente al XVIII secolo, che è inscindibilmente unita nel sacro paesaggio di questo monastero.

Carlo Policano

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