Luoghi16 agosto 2019

La Chiesa di Pohrebea, un gioiello abbandonato

Una delle dodici chiese che lo zar avrebbe dovuto costruire ai confini dell’Impero

La Chiesa di Pohrebea, un gioiello abbandonato

Il mistero sulla fine dell'ultimo Zar di Russia e della sua famiglia non ha intaccato il fascino o affievolito l'interesse per la loro storia: è passato poco più di un secolo da quando Nicola II Romanov, la moglie Aleksandra, le figlie Olga, Maria, Tatiana e Anastasia e l'erede al trono Aleksej sono stati fucilati nello scantinato della casa Ipatiev di Ekaterinburg dove erano tenuti prigionieri.

Nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918, la famiglia imperiale al completo venne giustiziata dai bolscevichi: i loro corpi, gettati in fretta e furia in una fossa comune alle porte della città sugli Urali, furono ritrovati solo nel 1979. Una scoperta rivelata solo in pieno crollo dell'Urss.

Nell’immaginario collettivo al nome degli ultimi Romanov è associata una maledizione che ha segnato le sorti dell’intera famiglia e del Paese: la malattia del piccolo Aleksej, unico maschio della casa reale, affetto da una grave malattia all’epoca sconosciuta, l’emofilia, fu un elemento destabilizzante per l’intera famiglia.

E’ stata con ogni probabilità proprio questa la causa che spinse lo zar a costruire dodici chiese sui confini occidentali dell'Impero russo: la leggenda narra che fu Rasputin a invocare il provvedimento per erigere le chiese ortodosse, secondo il numero degli apostoli, nella periferia della Russia di allora per il recupero del bambino malato.

Non siamo in grado di sapere se ci sono chiese simili altrove, ma ci sono tutte le ragioni per credere che l’unica chiesa identificata di questa serie si trovi a sud del distretto di Dubasari, sulla riva sinistra del fiume Nistru (Dnestr), nel comune di Coșnița, e precisamente nel villaggio di Pohrebea

E’ la Chiesa di Sant’Alessio, un monumento architettonico unico. Da questo luogo si gode una bellissima vista sul Nistru: qui, sotto i suoi archi, da più di un secolo non si respira spiritualità ma solo rivoluzione e odore di guerra. 

Dai documenti conservati negli archivi in ​​Russia, pare che la chiesa sia stata costruita tra il 1910-1912: il suo aspetto è davvero unico, non troverete nulla di simile in tutta la Moldova; la forma architettonica, un compromesso tra architettura bizantina e slava, ha somiglianze con diversi luoghi di culto in Georgia. Le facciate della chiesa sono un’esposizione di motivi simbolici scolpiti nella pietra tra i quali spicca la Croce di Sant’Andrea che, a differenza di quella di Cristo, ha i bracci posti in diagonale: in pratica essi formano una X.

Si dice che Sant’Andrea apostolo conobbe il martirio su una croce che aveva questa forma: l’Ordine Imperiale di Sant'Andrea apostolo, "il primo chiamato", fu il più alto degli ordini dell'Impero russo, fondato dallo zar Pietro il Grande nel 1698 e ripristinato nel 1998 come maggiore onorificenza concessa dallo stato russo.

L'edificio fu gravemente danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale (1941-1945) e il tragico conflitto armato sul Nistru (1992). A quel tempo fu usato come fortezza sia dai tedeschi che dai russi: i contendenti hanno lasciato il segno distruggendo il campanile, la cupola principale e crivellato di proiettili i muri della chiesa. Fino al 1944, la chiesa ha servito e svolto pienamente la sua attività. Durante il periodo comunista, come molti altri luoghi santi, fu trasformato in un magazzino.

Attualmente, dopo oltre un secolo dalla sua costruzione, l'edificio è in avanzato stato di degrado e necessita di urgenti restauri. Il monumento architettonico è quasi distrutto dalle vicissitudini del tempo e vi è il rischio imminente di un danno irreparabile.

L'onere del restauro è dibattuto e si trascina da anni tra Stato e Chiesa Ortodossa: Nicola II, a poco più di cento anni è una figura ancora scomoda che può dividere la società ortodossa.

Siamo consapevoli che, al di là delle ideologie, ogni Paese dovrebbe salvare il proprio patrimonio culturale: la Chiesa di Pohrebea è, a pieno titolo, parte del patrimonio artistico nazionale. Ed è doppiamente triste vedere che questo gioiello architettonico unico oggi abbia lo stesso aspetto che aveva nel 1944, dopo lo spietato bombardamento dei nazisti. Il coinvolgimento di specialisti nel campo del restauro e della conservazione del patrimonio monumentale e di coloro che si impegneranno in questo lavoro non è solo un obbligo morale e dovere civile.

Ne vale del futuro di questo Paese.

Carlo Policano / Svetlana Moțpan

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